rivista Segno, articolo di Serena Ribaudo sulla mostra #incerticonfini. Novembre 2017, Roma
Il quadro, quindi, glorifica la Prudenza come saggia utilizzatrice delle tre Forme del Tempo: il presente apprende dal passato e agisce con il dovuto riguardo verso il futuro. E queste tre Forme del Tempo appaiono associate alle tre Età della Vita. E. Panofsky
La galleria Spazio Nuovo ospita la mostra di Riccardo Ajossa #incerticonfini a cura di Marco Antonio Nakata. L’esposizione è un close up della personale dell’artista presentata a San Paolo del Brasile lo scorso mese di maggio. Tanto l’appuntamento d’oltreoceano quanto quello romano rinvengono il loro movente nel saggio di Erwin Panofsky articolato intorno all’Allegoria della Prudenza, tela tarda del Tiziano datata intorno al 1565. Il dialogo tra curatore ed artista si è sviluppato in anni di carteggi, ricerche, riflessioni, approfondimenti cui sempre sottendeva l’esigenza di ri-lettura e di decodificazione contemporanea della primigenia intuizione del Panofsky. Se, come questi scrive, in riferimento alla già citata Allegoria della Prudenza: “Unico quadro “emblematico” mai realizzato da Tiziano, esso illustra – o, meglio, parafrasa visivamente – una massima esplicitamente formulata in un’iscrizione: EX PRAETERITO / PRAESENS PRUDENTER AGIT/ NI FUTURU[M?] ACTIONEM DETURPET ([istruito] dal passato, il presente agisce prudentemente, a meno che il futuro non ne rovini l’azione)”, l’opera del Vecellio è fondamento eccezionale di una mostra preziosa in cui si commettono fotografie, prove di colore naturale, carte antiche.
Tornando al Panofsky ed alla sua trattazione su Tiziano: “(…) la magia del suo pennello ha dato sembianza di realtà palpabile alle due teste centrali (quella dell’uomo all’apice della vita e quella del leone) mentre ha smaterializzato, per così dire, le teste poste di profilo ai due lati (quelle del vecchio e del lupo a sinistra e quelle del giovane e del cane a destra): Tiziano ha dato espressione visibile al contrasto tra ciò che è e ciò che è stato o non è ancora cominciato ad essere”. È proprio il passaggio dalla realtà palpabile alla visione smaterializzata che costituisce la filigrana della narrazione sognante di Ajossa in un denso gioco di rispondenze estetiche.
La galleria Spazio Nuovo presenta una serie di virtuose sperimentazioni fotografiche su soggetti classici. Le opere del Tiziano, dalla lucentezza di gemma, vengono incastonate nelle spiagge dell’Algarve in Portogallo, posizionate e fotografate a favore di luce-acqua-sabbia catturandone tutta la magia dei vibratili riflessi. La forma si dissolve, si astrae, si affranca dai richiami della realtà fenomenica, si effonde temporalizzata dai caldi bagliori del vespero echeggiando, in totale autonomia di cifra e di mezzi espressivi, l’ “impressionismo magico” del maestro di Cadore. L’alchimia del cromo veneto degli ingannevoli congegni della memoria torna nelle teorie di colore: gli enzimi del sambuco, dell’eucalipto, del melograno intridono la carta Hanji coreana prodotta dall’artista stesso con la corteccia della pianta Dak secondo la tecnica della battitura a bastone, appresa dallo stesso Ajossa durante il viaggio in Corea del Sud promosso dall’Ambasciata della Repubblica di Corea e dall’Accademia di Belle Arti di Roma. La suite armoniosa e calda, magistralmente creata da Riccardo Ajossa , si conclude con un ciclo di carte antiche su cui egli interviene divenendo in prima persona esegeta di una tradizione antica che giunge all’oggi e medium essenziale tra passato e futuro.